Riscattare la legalità, liberarsi dalle mafie
Letture, martedì 23 maggio alle ore 12.00 alla Scuola secondaria di primo grado Donatello, per non dimenticare, a 25 anni di distanza, la strage di Capaci.
L’omaggio a Falcone, nell’atrio della Scuola Donatello.
Parole di Giovanni Falcone, quando ormai sentiva che il suo destino era segnato (Cose di cosa nostra -1991)
Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere. |
Peppino Impastato, parole riportate nel film I cento passi di Marco Tullio Giordana (2000)
Peppino, guarda un paesaggio deturpato da interventi criminali mafiosi… Sai cosa penso? […] Che questa pista in fondo non è brutta. Anzi… […] vista così dall’alto… uno sale qua e potrebbe anche pensare che la natura vince sempre… che è ancora più forte dell’uomo. Invece non è così… in fondo le cose, anche le peggiori, una volta fatte… poi trovano una logica, una giustificazione per il solo fatto di esistere! Fanno ’ste case schifose, con le finestre in alluminio, i balconcini… […] Senza intonaco, i muri di mattoni vivi… la gente ci va ad abitare, ci mette le tendine, i gerani, la biancheria appesa, la televisione… e dopo un po’ tutto fa parte del paesaggio, c’è, esiste… nessuno si ricorda più di com’era prima. Non ci vuole niente a distruggerla la bellezza. […] E allora forse più che la politica, la lotta di classe, la coscienza e tutte ’ste fesserie… bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza. Insegnargli a riconoscerla. A difenderla. […] È importante la bellezza. Da quella scende giù tutto il resto |
Roberto Saviano, Gomorra (2006), scrittore vivente che lotta contro la camorra
Sono nato in terra di camorra, nel luogo con più morti ammazzati d’Europa, nel territorio dove la ferocia è annodata agli affari, dove niente ha valore se non genera potere. Dove tutto ha il sapore di una battaglia finale. Sembrava impossibile avere un momento di pace, non vivere sempre all’interno di una guerra, dove tutto devi conquistarlo strappando la carne all’osso. In terra di camorra, combattere i clan non è affermazione d cittadinanza. Non è la presa di coscienza del proprio onore, la tutela del proprio orgoglio. È qualcosa di più essenziale, di ferocemente carnale. Porsi contro i clan diviene una guerra per la sopravvivenza, come se l’esistenza stessa, il cibo che mangi, le labbra che baci, la musica che ascolti, le pagine che leggi non riuscissero a concederti il senso della vita, ma solo quello della sopravvivenza. E così conoscere non è più una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare. |
Don Luigi Ciotti, discorso tenuto in occasione della XIV giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie (21 marzo 2009) Esserci, camminare insieme per cambiare: la normalità del bene ed il coraggio dovrebbe essere la vera ossatura di tutta la nostra società. A che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare, ognuno per la propria parte, per il proprio ruolo, per le proprie competenze. Noi chiediamo allo Stato e alle istituzioni che facciano il loro dovere fino in fondo. Noi vogliamo essere una spina propositiva al fianco delle istituzioni per chiedere quello che è giusto: la verità, i diritti, la giustizia sociale che guarda caso incomincia con quell’articolo 1 della Costituzione che dice che questa è una repubblica fondata sul lavoro: lotta alla mafia incomincia dal lavoro, dalla dignità delle persone, dal creare quelle condizioni affinché le persone non devono essere private della loro libertà e della loro dignità. Abbiamo bisogno che i diritti non siano scritti solo sulla carta, ma che i diritti siano carne, siano vita. Abbiamo bisogno che lo Stato dia come diritto ciò che le mafia danno come favore. |
Queste sono le parole che lo scrittore Alessandro D’Avenia fa pronunciare a Don Peppino Puglisi nel suo romanzo “Ciò che inferno non è” Se nasci all’inferno hai bisogno di vedere almeno un frammento di ciò che inferno non è per concepire che esiste altro. Per questo bisogna cominciare da bambini, bisogna prenderli prima che la strada se li mangi, prima che gli si formi la crosta intorno al cuore. Ecco perché sono necessari un asilo e una scuola media. Non ci vuole la forza, ci vogliono la testa e il cuore. E le braccia. Non hai idea di che cosa si può fare con queste tre cose…
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