Giornata della memoria 2018
Scuola secondaria di primo grado Donatello in ricordo della Shoah.
…In modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo nella storia del nostro Paese e dell’Europa, e affinché simili eventi non possano più accadere.
Il 27 gennaio 2001 si è celebrato per la prima volta il “Giorno della Memoria” in ricordo delle vittime della shoah, dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. La legge approvata dal Parlamento italiano è entrata in vigore il 20 luglio del 2000 (Legge n.211) .
Art. 1 La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria” al fine di ricordare la shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia e la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
La città che sussurò
“Ci sono dei nuovi amici in cantina, Annett” mi disse la mamma quando mi svegliai. “È ora di portargli giù la colazione”.
Mi fermai in cima alle scale: mi faceva paura a causa del buio, ma le voci che sussurravano mi dettero coraggio.
Arrivata in fondo, entrai nella stanza segreta dove nascondevamo degli ebrei danesi dai nazisti. Una donna e suo figlio sedevano sopra una branda.
“Io sono Annett” dissi mostrando loro il cestino. ” La mamma vi ha preparato la colazione”.
“Io sono Carl”. Il bambino prese il cestino e diede alla madre una pagnotta e un uovo sodo.
“Vi ringraziamo” disse lei.
Tornata su, mi sedetti fare anch’io colazione. ” Per quanto tempo rimarranno i nostri nuovi amici?” chiesi.
“Due notti” rispose papà. “La terza notte una barca li porterà in Svezia”.
“Finché rimarranno qui avremmo bisogno di più pane” disse la mamma.
Dopo colazione andai dal fornaio.
“Abbiamo nuovi amici” gli sussurrai.
“Ne ho messo un po’ di più” sussurrò anche lui mentre mi consegnava un sacchetto pieno? “Fai attenzione”.
Tornando a casa vidi dei soldati nazisti bussare a una porta dall’altro lato della strada.
Nonostante si trovassero nella mia città da molto tempo, ogni volta che li vedevo avevo un sussulto.
“Mamma, papà, ci sono dei soldati dall’altra parte della strada!” dissi appena tornata a casa.
La mamma diede tre colpetti sulla porta della cantina fare i nostri amici di stare in assoluto silenzio.
Dopo che i soldati se ne furono andati, papa levò lo sguardo verso il cielo nuvoloso.
“Niente luna stanotte” disse. “Sarà difficile per i nostri amici trovare il porto al buio”.
Il giorno dopo portare di nuovo del cibo nella cantina, lasciando che le voci che sussurravano mi guidassero giù lungo le scale.
“Questo vi aiuterà a far passare il tempo” dissi a Carl dandogli dei libri. Lui li prese e sorrise. “Amo leggere!”.
“Mamma, ho bisogno di altri libri” dissi appena risalite le scale.
Dopo colazione andai in biblioteca.
“Abbiamo nuovi amici” sussurrai alla bibliotecaria.
“Stai attenta” sussurrò anche lei consegnandomi altri libri.
Tornando a casa vidi i soldati nazisti bussare alla porta dei nostri vicini.
“Mamma, papà, i soldati sono dai vicini!” dissi appena entrata in casa.
La mamma diede tre colpetti alla porta della cantina.
Dopo che i soldati se ne furono andati, papà osservò il cielo nuvoloso.
“Niente luna nemmeno stanotte” disse. “Forse le nuvole si diraderanno domani”.
Di nuovo la mattina seguente lasciai che le voci che sussurravano mi guidassero giù per le scale buie.
Quando Carl prese il cestino della colazione un sasso a forma di cuore cadde sul pavimento.
Carl lo raccolse. “L’ho trovato con il mio papà l’ultima volta che siamo andati a passeggiare sulla spiaggia”.
“È bellissimo” dissi.
“Annett, abbiamo bisogno di altre uova” disse papà dopo colazione.
Allora mi recai alla fattoria.
“Abbiamo dei nuovi amici” sussurrai al contadino.
“Auguragli ogni bene” sussurrò anche lui consegnandomi delle altre uova.
Sulla via del ritorno scorsi dei soldati nazisti dirigersi verso la nostra casa. Presi una scorciatoia ed entrai dalla porta posteriore.
“Mamma, papà, i soldati stanno venendo a casa nostra!”.
Non mi risposero. In casa non c’era nessuno.
Diedi tre colpetti alla porta della cantina.
Poi li sentii bussare forte alla porta d’ingresso.
“BUM, BUM, BUM”
Aprii uno spiraglio.
“Abbiamo sentito dire che in questa strada qualcuno nasconde degli ebrei” disse un soldato spalancando la porta.
“Non ne so nulla” risposi cercando di non far tremare la voce.
“Quando li troveremo, arresteremo tutti” mi avviso l’altro soldato.
Tremando, richiuse la porta.
“I soldati sono stati qui” dissi quando mamma e papà tornano a casa.
“Stanno cercando degli ebrei nascosti”.
“Brava Anett” disse papà abbracciandomi. “I nostri amici devono partire stanotte anche se è nuvoloso. Ma come facciamo a fargli raggiungere il porto sani e salvi?”.
Allora pensai a come avessi avuto paura della cantina buia nelle voci che sussurravano mi avessero guidato lungo le scale.
“Papà, e se la gente stesse vicina alle porte delle case e sussurrando guidasse i nostri amici fino alla barca?” proposi.
Papà rimase in silenzio. Stava riflettendo.
“La tua idea potrebbe funzionare” disse. “Aiutami a metterla in pratica”.
Corsi dal fornaio, dalla bibliotecaria, dal contadino e gli spiegai il nostro piano. Accettarono di aiutarci e di spargere la voce nel villaggio.
A mezzanotte, Carl e la sua mamma uscirono dalla cantina. Carl posò nella mia mano il sasso a forma di cuore: “Ricordami sempre, Anett”.
Avvicinai quel piccolo cuore al mio.
Dopo che Carl e la sua mamma si immersero nella notte, mi sporsi il più possibile dalla finestra della mia camera.
Sentii il nostro vicino sussurrare dalla sua porta “Di qua”.
Stava guidando Carl e la sua mamma verso il porto.
Poi anche il vicino del nostro vicino sussurrò “Di qua”.
I sussurri continuarono di vicino in vicino finché Carl e la sua mamma non raggiunsero la barca.
Strinsi il sasso nella mia mano e li immaginai mentre camminavano liberi sulla spiaggia in Svezia.
Un paio di scarpette rosse
C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’ eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Lussu
Dal diario di Anna Frank – 15 luglio 1944 così scriveva Anna pochi giorni prima che i tedeschi irrompessero nell’alloggio segreto :
…Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà. È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’ intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili”.
La tua Anna
Se questo è un uomo
“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi”.
Primo Levi, 1947